XIX secolo
Eruzione del Vesuvio - Veduta della costa napoletana -
Il sito di Paestum - Il sito di Paestum al tramonto
(4) Olio su vetro, cm 12 x 15,5
Le presenti vedute festeggiano le meraviglie naturali del territorio campano, circoscritte all’area del Golfo di Napoli sino ad arrivare a Paestum. I dipinti, realizzati attraverso la preziosa tecnica dell’olio su vetro, sono accomunati da un vibrante colorismo, esaltato figurativamente da infuocati tramonti e limpidi cieli. La lodevole nitidezza con cui l’artista esalta ogni particolare delle composizioni lo pone alla diretta discendenza della scuola pittorica napoletana di paesaggio, che si impose sulla scena nazionale al principio dell’Ottocento; rispetto a questa è qui tuttavia apprezzabile un cristallino perfezionismo, da accostare agli esiti formali prodotti alla metà del secolo.
L’eruzione del Vesuvio mostra un colorismo da notturno, rischiarato solamente dalle due fumate incandescenti erompenti dal vulcano e dall’evanescenza della luna, il cui riflesso promette orientamento ai marinai e alle figure in primo piano. Le successive Vedute dalla costa propongono invece il benessere del promontorio napoletano e del bacino del Golfo. Nell’una un pieno sole mattutino o del meriggio scivola lungo le architetture umane a strapiombo sul mare, tuffandosi nella calma baia; nell’altra l’incipit di un sereno tramonto rosseggia un tratto del golfo napoletano, tinteggiando anche i pochi astanti che sostano presso i sassi della scogliera, mentre in lontananza il Vesuvio singhiozza.
I due ultimi vetri esaltano un medesimo soggetto, apprezzato secondo angolazioni lievemente scostaste, a orari differenti del giorno. Si tratta del sito archeologico della città di Paestum e dei tre templi in essa dedicati, qui rispettivamente, dal primo figurato a mezzo piano sino al fondo, a Hera, Cerere (o Atena) e Nettuno. La città, in origine chiamata Poseidonia in quanto dedicata al dio del mare, deve il nome odierno all’occupazione romana, che si sostituì alla confederazione lucana preesistente. La lirica sottesa ai due dipinti, in particolare al vetro con il sole che tramonta, veristicamente tratteggiato come impalpabile bagliore in linea con l’osservatore, consente una riflessione sulle opere e i giorni dell’uomo, qui metaforizzato dal pastore a guardia delle bufale, a confronto con l’eternità delle architetture.
Si ricordi che durante gli anni del Grand Tour l’intero territorio meridionale italiano si nominava al pari della sua capitale, Napoli. Questa città, con Posillipo, Paestum, Stabia ed Ercolano costituì tappa imprescindibile entro la cultura artistica flegrea, all’occorrenza vera e propria summa iconografica riproposta da moltissimi artisti secondo le più svariate modalità. Anche i presenti vetri accolgono e restituiscono silenti all’osservatore un intramontabile ricordo, impreziosito dalla raffinatezza artistica con cui è stato tradotto in materia.
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