Inaspettato fu poi l'accettazione nel 1938 per concorso alla XXI Biennale di Venezia, dove ebbe un prestigioso riconoscimento: un premio per il paesaggio.
Fu un evento questo della Biennale che quasi sicuramente lo travolse. Bonfanti, infatti, prese la drastica decisione di abbandonare la sicurezza del lavoro in banca per dedicarsi con piena liberta' alla pittura. Ma piu' presto del previsto l'euforia del successo si spense ed egli dovette affrontare, con la famiglia, ogni sorta di disagi aggravati dalla scoppio della seconda guerra mondiale. Nell'immediato dopoguerra (1948), la grande mostra nazionale a Palazzo della Giornata, che volle essere un incentivo per la ripresa culturale e morale della citta', vide la presenza anche di Gino Bonfanti con alcune opere accanto a quelle di artisti pisani tra cui l'emergente Gianni Bertini. Fu presente negli anni '50 a collettive di prestigio come la Quadriennale di Roma. La sua pittura non era chiassosa, non si esaltava nello sfarzo cromatico, nella diffusa luminosità; rispecchiava la sua timidezza e si presentava dimessa nella seplicita' compositiva, nella pacatazza dei toni. Si coglieva però, in essa, quella casta malinconia, sempre filtrata da un calmo quanto continuo respiro lirico.. Non si lascio mai conivolgere dal nuovo a tutti i costi ed anche nei disigni a china, matita, rimase fedele alle sue qualità compositive con quella naturalezza consueta, indenne da qualsiasi tipo di forzatura.
Morì a Pisa nel giugno del 1958.