XVII secolo
Coppia di colonne tortili
(2) Legno dorato, policromo e intagliato, cm alt. 150
La colonna tortile è meglio conosciuta con il nome di colonna Salomonica poiché secondo la tradizione cristiana sono l’elemento suggerito da Dio a Salomone nel momento della costruzione del Tempio di Gerusalemme (X secolo) e perciò considerate architettura divina. Utilizzate già nella prima età imperiale, soprattutto nei sarcofagi, la colonna tortile è una variazione architettonica del classico fusto longilineo che si diffuse anche nell’ambiente paleocristiano. È a partire dal 70 d.c che la colonna tortile acquista un significato religioso: dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme l’imperatore Costantino dona le colonne tortili di marmo pario per adornare l’altare della erigenda basilica dedicata all’apostolo Pietro. Queste colonne, in origine sei poi aumentate a dodici da papa Gregorio III nel XVII secolo, andarono a formale l’antica pergula (struttura divisoria tra spazio del coro e la navata centrale) di San Pietro.
Molto utilizzate in età romanica le colonne tortili furono accantonate in epoca rinascimentale quando si tornò a guardare alla classicità della colonna liscia o scanalata, ricomparvero a Roma all'inizio del XVI secolo prima nei dipinti di Raffaello e della sua scuola e poi nell'architettura manierista; fino ad arrivare allo sfarzo del periodo barocco come testimonia il celebre esempio che fece scuola: il Baldacchino realizzato da Gian Lorenzo Bernini nel 1624 nella basilica di san Pietro, dove le gigantesche colonne tortili in bronzo sono ispirate a quelle dell’antica basilica. Dal punto di vista del significato religioso per la tradizione cristiana colui che vince le battaglie dello spirito è paragonato ad una colonna (Apocalisse, 3,12).
Nella presente coppia il significato simbolico si arricchisce ancora di più grazie all’aggiunta delle vite e dell’uva. La vite, nella Bibbia, è simbolo di benessere, fecondità, benedizione; ad essa è collegato anche il vino, simbolo di gioia, di festa nuziale, di alleanza. Gesù stesso si definisce la vite, quella vera. L'immagine suggerisce che Gesù è la fonte sicura della vita, i credenti sono i tralci e se vivono uniti a lui, come il tralcio vive dalla linfa della vite, godono della vita piena e portano frutti (cfr.Gv15,1-7). Commesso al simbolo della vite è quello del vino: Il nell'ultima cena, Gesù prendendo il calice con il vino, afferma che quel vino è il suo sangue, versato per tutti. Tramite il suo sangue versato inizia la nuova Alleanza fondata nella sua morte e risurrezione. Il calice colmo di vino, indica il dono della vita di Gesù, fatto con amore, egli sarà torchiato come grappolo d'uva, ma il dono di sé trasmette la vita che non muore.
Altra lettura è quella profana che vede la vite come simbolo del vino e del mondo dionisiaco collegata all'abbondanza e alla ricchezza, e strettamente connessa agli scenari dionisiaci della festa.
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