Dipinto olio su tela attribuito a Pandolfo Reschi (Danzica, 1643 – Firenze, 1699) raffigurante scena in cui un personaggio a cavallo, probabilmente un uomo di nobile rango, che subisce l'agguato di un gruppo di briganti che si nascondevano all'ombra di un grande arco naturale di roccia e vegetazione.
Siamo nel pieno dell'azione, il faccendiere di servizio è già stato fatto scendere dal cavallo e viene perquisito da tre uomini che lo bloccano. Il Signore resiste in groppa al suo cavallo e sembra esprimere attraverso la sua gestualità forte repulsione all'evento, forse in un tentativo di intermediazione con i loro aguzzini; ma accanto già fanno fuoco, si tratta di altri briganti che sparano con i fucili al resto della compagnia che impaurita scappa in fuga con i cavalli.
Il paesaggio dove la convulsa scena si svolge risulta impervio, roccioso e potrebbe far riferimento alle zone appenniniche del Lazio intorno ai Castelli Romani. Il dato naturalistico è reso sapientemente e sembra appartenere proprio ai repertori paesaggistici ed atmosferici di tale pittore sia nella resa delle rocce che a quella di alcune piante come i secchi arbusti a spiovente.
Propria del Reschi è pure la tematica, infatti egli era solito raffigurare tali tipologie di scene come viandanti in marcia nelle zone del centro Italia, oltre che a frementi battaglie tra eserciti. Inoltre le proporzioni dei personaggi raffigurati all' interno della composizione e la fredda cromaticità risultano essere altri punti a favore a tale attribuzione.
Pandolfo Reschi. – Figlio di un facoltoso mercante, Pandolfo nacque a Gdańsk (Danzica) nel 1640. Ancora in giovane età fu mandato in Germania per apprendere il mestiere paterno, ma, sopraggiunta la morte del padre, si arruolò nell’esercito di Leopoldo I d’Asburgo, fino a quando decise di recarsi in Italia, forse passando da Venezia. Intorno ai vent’anni si stabilì a Roma, dove, dal 1663, risiedette in vicolo del Carciofo, nel quartiere di S. Lorenzo in Lucina, nella stessa casa del paesaggista olandese Pieter Mulier. Intraprese quindi la professione di pittore e contestualmente si convertì alla religione cattolica. Alla fine degli anni Sessanta giunse a Firenze, dove visse, salvo viaggi occasionali, per tutta la vita.
È possibile ricostruire le sue vicende grazie ad alcune biografie sei e settecentesche, a partire da quella di Francesco Saverio Baldinucci (1725-1730, 1975), la più estesa e interessante per i riferimenti ai committenti, per la descrizione delle opere e per l’inquadramento di Reschi nella cultura artistica fiorentina degli ultimi decenni del secolo. A questa si debbono aggiungere le notizie annotate da Francesco Bonazini nel diario (Firenze, Biblioteca nazionale centrale, ms. Magl. XXV, 442, II, 1672-1705) e quelle di Francesco Maria Niccolò Gabburri (ivi, ms. E.B.9.5., IV, 1730-1741 circa).
Pandolfo Reschi fu il maggior battaglista fra i pittori fiorentini. Oltre Salvator Rosa e il già citato Mehus, Reschi fu fortemente influenzato dalla conoscenza delle opere del suo maestro Jacques Courtois detto il Borgognone e quelle di Pieter Mulier detto il Cavalier Tempesta. Come tutta la pittura fiorentina barocca, fu presto soppiantata prima dal Rococò e in seguito dal Neoclassicismo. Reschi fu così quasi dimenticato (come altre decine di pittori del periodo). La sua rivalutazione è una cosa piuttosto recente. Nel suo stile si possono riconoscere i pittori citati in precedenza, anche se il suo stile si distacca per certe coloriture metalliche, al limite della freddezza. Ma questo rende la sua produzione particolarmente originale e ricercata dai collezionisti della sua epoca. Molte delle sue tele sono oggi in collezioni private.
Il dipinto si presenta in ottime condizioni e montato su di una cornice in stile.
Le dimensioni della tela sono 137 x 99 cm; Le misure comprensive di cornice sono 152 x 114.
Alleghiamo alla vendita certificato storico d'autenticità.
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